Roccabruna

Sorge all’estremità settentrionale della Spianata dell’Accademia: resta solo il piano inferiore, che è un massiccio dado in muratura di forma quadrangolare, con tre facciate precedute da un portico del quale si vedono ancora gli attacchi nelle facciate e le fondazioni sul terreno; il quarto lato a sud-est è addossato al muro di contenimento della Spianata stessa (pianta fig. 22, plastico fig. 23, foto aerea fig. 24).

A lato dell’edificio è una rampa in muratura sostruita da archi, che dava accesso alla Spianata dell’Accademia.

L’ingresso principale del piano inferiore è a nord-ovest1, e immette in un’ampia sala circolare (RB6), del diametro di m. 9,50, con una cupola della stessa altezza; ciò significa che - come avviene nel Pantheon - l’ambiente era stato disegnato e costruito attorno a un’immaginaria sfera perfetta2.

Fig. 22 - Pianta di Roccabruna con l’indicazione dei principali ambienti al piano inferiore (elaborata dalla pianta della Soprintendenza Archeologica del Lazio, rilievo dell’arch. Sgalambro 1995, dis. 3729)
Fig. 23 - Plastico di Villa Adriana di Italo Gismondi, 1956: Roccabruna con il tempietto al piano superiore (foto di Marina De Franceschini)
Fig. 24 - Veduta aerea di Roccabruna con la rampa d’accesso alla Spianata dell’Accademia (© Microsoft Virtual Earth)

La sala circolare (figura 25) ha nicchie rettangolari e semicircolari alternate; quella di fronte alla porta d’ingresso ha un’abside per una statua. In alto, sopra alle nicchie rettangolari si notano quattro piccole feritoie nella cupola3: sono il punto di arrivo di cinque ‘condotti’ passanti, che partono dalle facciate e attraversano l’intero spessore della muratura (figura 26).

I primi tre ‘condotti’ A-B-C (pianta figura 27) si aprono al centro e in alto sulle tre facciate principali dell’edificio, rivolte a nord-ovest, nord-est e sud-ovest, mentre gli altri due D-E sono situati a sud-est, ai due lati della scala che dava accesso al tempietto.

Da una delle nicchie rettangolari della sala RB6 (vedi pianta in figura 22) il corridoio RB7 conduceva a una latrina circolare (RB8), alla quale ne corrisponde una uguale e simmetrica sul lato opposto (RB8bis); nel Settecento i padri Gesuiti vi ricavarono senza saperlo una cappella votiva. Il corridoio RB9 portava agli ambienti RB10-11 che sostruivano uno scalone situato al piano superiore, che un tempo dava accesso al tempietto che vi sorgeva.

Fig. 25 - La sala circolare RB6 con le nicchie rettangolari e semicircolari alternate, coperta da una cupola. Al centro si vede la nicchia opposta all’ingresso, con una piccola abside (foto di Marina De Franceschini)
Fig. 26 - Sezione della sala a cupola RB6 con i condotti passanti (da Lugli 1940). Nel riquadro, l’imboccatura esterna di uno dei condotti (foto di Marina De Franceschini)
Fig. 27 - Pianta di Roccabruna con l’indicazione dei cinque condotti passanti (elaborata dalla pianta della Soprintendenza in fig. 22)
Fig. 28 - Ricostruzione del tempietto al piano superiore di Roccabruna (da Lugli 1940)

Il piano superiore è raso al suolo: oggi è una terrazza-belvedere, ma in origine vi era un tempietto circolare, che è stato ricostruito da Lugli e Bonelli4 in base ai frammenti di marmi architettonici tuttora visibili sul prato attorno all’edificio (figura 28 e pianta figura 33). Sono rimaste in situ quindici delle sedici sottobasi in travertino delle colonne, che erano d’ordine dorico in marmo bianco, e avevano un diametro di m. 0,70-0,80; la loro altezza è stata calcolata in m. 6,50 (equivalgono a 22 piedi romani).

La cella del tempietto era ottagonale, con quattro lati più lunghi nei quali si aprivano la porta principale e tre finestre, e quattro lati obliqui più corti, con all’interno nicchie rettangolari (vedi infra figura 33).



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1 Ha lo stesso identico orientamento delle porte della ‘fuga di sale’ dell’Accademia: 302°.
2 Come osserva anche Lugli 1940, p. 264. Per il Pantheon vedi Lancaster 2005 p. 44 fig. 36.
3 Due di queste feritoie (verso le facciate nord-est e sud-ovest) sono state otturate, probabilmente durante i restauri del Giubileo del 2000, le altre due sono tuttora visibili. All’epoca di Lugli erano tutte e quattro visibili e compaiono anche in un’incisione di Penna: Penna 1836, tomo II, tav. 106.
4 Lugli 1940, pp. 265-266.