L’imperatore Nerone regnò dal 54 al 68 d.C., e da sempre è associato allo spaventoso incendio che devastò Roma nel 64 d.C.. Fu accusato averlo appiccato lui stesso per poter costruire la Domus Aurea sulle rovine della città; secondo la leggenda avrebbe addirittura suonato la lira mentre contemplava le fiamme e rievocava l’incendio di Troia.
In realtà quando scoppiò l’incendio sembra che non si trovasse nemmeno a Roma ed anzi abbia aperto i suoi giardini privati per dare riparo agli sfollati.
Questi sono gli effetti della damnatio memoriae che lo colpì affibbiandogli l’etichetta di pazzo megalomane dedito ad ogni sorta di piacere e perversione; gli ultimi studi hanno rivisto in parte la sua leggenda negativa.
Nerone è famoso per la Domus Aurea, colma d’oro, che venne distrutta ed interrata subito dopo la sua morte, costruendovi sopra le terme di Tito e di Traiano. Tacito e Svetonio la descrivono con tono maligno per sottolineare la megalomania dell’imperatore.
Tacito tramanda i nomi di Severo e Celere, gli architetti e ingegneri che la progettarono: «ebbero l’ingegno e l’audacia di sfidare con la forza dell’arte persino i veti della Natura, e di dilapidare il patrimonio del principe». (Tacito, Annales, XV, 42)
La Domus era all’interno di un enorme parco con prati, boschi e vigneti portici e palazzi che andavano dal colle Oppio al Palatino. Aveva persino un lago artificiale nel luogo dove poi verrà costruito il Colosseo, che prende il nome dal
Colosso di Nerone, una statua in bronzo dorato alta 35 metri che lo raffigurava come dio Sole, Neos Helios, altro segno di megalomania.
Svetonio racconta che «nel resto dell’edificio tutto era ricoperto d’oro e rivestito di pietre preziose e di conchiglie e di perle; i soffitti delle sale da pranzo erano fatti di tavolette d’avorio mobili». (Svetonio, Nero, 31). L’affresco con colonne dorate decorate da pietre preziose nella
Villa di Poppea a Oplontis, che è della stessa epoca danno un’idea del suo aspetto.
Sempre Svetonio scrive ch
e «Il soffitto della sala da pranzo era circolare ed aveva una cupola girevole che come in cielo avvicendava il giorno e la notte». Da secoli gli archeologi cercano di identificarla e la scelta è sempre caduta sulla Sala Ottagona, che è coperta da una volta a cupola. Secondo le ipotesi più recenti, alla cupola poteva esser fissata una struttura in legno girevole, con tendaggi decorati d’oro e pietre preziose.
L’attuale mostra nella Domus Aurea «L’amato di Iside» mette in risalto il rapporto di Nerone con la dea egizia ed ha ricreato la cascata d’acqua che scendeva dall’alto nel Ninfeo sul lato nord della Sala Ottagona.
Purtroppo l’oculo della cupola è stato chiuso, ma fino a pochi anni fa la luce poteva entrare e
si vedevano delle illuminazioni che indicano che l’edificio era orientato astronomicamente. Il Sole infatti illuminava il Ninfeo sul lato nord della Sala Ottagona, con un cerchio di luce simile a quello del Pantheon solo nei gironi dell’Equinozio, e illuminava il pavimento al Solstizio d’estate.