È uno dei santuari più grandi ed antichi del Lazio, assieme a quelli di Preneste, Gabii e Nemi. Era dedicato ad Ercole, protettore dei commerci, del mercato del bestiame, del sale e della transumanza, ed anche dei cavatori di pietra.
Fu costruito nel II sec. a.C. e completato all’inizio del regno di
Augusto, che veniva venerato nel Tempio accanto al dio, ed ebbe una villa a Tivoli assieme ad altri aristocratici romani.
Il Santuario fu costruito in un punto passaggio obbligato e strategico che collegava il Lazio e con l’Abruzzo: l’attraversamento del fiume Aniene. Da lì dovevano passare le persone e le merci, il bestiame in transumanza stagionale, ed i numerosi pellegrini del Santuario, che fu fiorentissimo fino al IV sec a.C. perché chiunque vi transitasse doveva «pagar dazio».
Il Santuario aveva infatti
un «Thesaurus Herculis et Augusti», a cui si aggiungevano le offerte quotidiane di coloro che passavano lungo la Via Tecta: davanti al basamento del Tempio è stato rinvenuto un pilastrino in calcare che funzionava come «cassetta delle elemosine».
Per realizzare il Santuario non si badò a spese: fu costruita una vasta spianata artificiale di 141 x 188 metri, che poggia su poderose sostruzioni alte più di 50 metri, costruite sullo strapiombo verso l’Aniene. Sono un capolavoro dell’architettura e dell’ingegneria romana, e sono state studiate e disegnate dai più grandi architetti e artisti del Rinascimento e sono ancora in piedi.
L’enorme complesso si articolava su due livelli: quello inferiore era dedicato al transito e ai commerci, quello superiore al Santuario vero e proprio.
Nel piano inferiore passava la via Tecta, una lunga galleria coperta che lo attraversava da una parte all’altra, all’interno della quale passava la via Tiburtina Valeria.
La percorrevano i pedoni, i pellegrini, i carri con le mercanzie ed il bestiame durante la transumanza, tutti diretti in Abruzzo e nell’entroterra. Ai suoi lati si aprivano vari ambienti destinati ai negozi, ai posti di ristoro (tabernae), agli alloggi per viaggiatori e pellegrini; altri ambienti venivano utilizzati come stalle per il bestiame.
Al piano superiore, invece, era
il grandioso Santuario con una vasta piazza rettangolare circondata da portici su tre lati, mentre il quarto era aperto verso il bellissimo panorama sulla circostante campagna. Rimane un tratto del portico, lungo circa 120 metri con semicolonne in muratura in opera incerta.
Al centro della piazza era i
l Tempio con otto colonne sulla fronte, preceduto da una gradinata fiancheggiata da due fontane, di cui resta assai poco; sopra è stata sistemata una sagoma moderna dell’edificio per dare un’idea delle sue dimensioni.
Davanti al Tempio, su un livello più basso, era un teatro per 3500 persone, che è stato in parte ricostruito, dove si svolgevano rappresentazioni sacre in onore del dio.
La rovina del Santuario iniziò con la conquista di Tivoli da parte dei Goti di Totila nel 544 d.C.; in quell’occasione i barbari devastarono anche la vicina Villa Adriana dell’imperatore Adriano.
Come molti altri monumenti romani antichi, il Santuario di Ercole Vincitore divenne una comoda cava di materiale da costruzione; la grande piazza fu usata per la coltivazione dell’olio e della vite. Negli ambienti di sostruzione furono impiantate fabbriche di armi, manifatture per la lana e persino una cartiera.
Gli interventi più devastanti sono legati alla centrale idroelettrica: rasero al suolo il Tempio per costruirvi le vasche dell’acqua che alimentava le turbine. A partire dal 1884
Tivoli fu infatti la prima città d’Italia ad essere illuminata dalla luce elettrica.