Il Mausoleo di Adriano, l'attuale Castel Sant'Angelo fu costruito assieme al ponte Elio che ne era era l’accesso monumentale e scenografico. Lo collegava con il Campo Marzio e idealmente col Mausoleo di Augusto, la precedente tomba dinastica imperiale dove ormai non vi era più posto per altre sepolture.
Il Tevere è sempre stato un fiume insidioso, soprattutto nell'ansa molto stretta dove fu edificato il Mausoleo di Adriano. Per questo motivo il ponte Elio fu accuratamente progettato per resistere alla corrente del fiume sia nei periodi di magra che durante le grandi piene e le ricorrenti alluvioni.
Il ponte in origine aveva otto archi: tre centrali alti oltre 9 metri ed altri quattro di altezza decrescente, che sostenevano le rampe inclinate che salivano al ponte da Campo Marzio sulla riva sinistra (est) o dall'Ager Vaticanus sulla riva destra (ovest).
I piloni che sorreggevano gli archi erano triangolari nel lato a monte, per tagliare il flusso della corrente. Sul lato opposto, verso valle, erano arrotondati per impedire il formarsi di mulinelli che a lungo andare li avrebbero danneggiati.
I piloni poggiavano su robustissime fondazioni fatte di frammenti di lava, blocchi di travertino e peperino; sono state trovate anche le casseforme di legno su cui poggiavano le rampe d'accesso al ponte stesso.
Nel corso dei secoli gli archi più piccoli venero murati, riducendo la portata dell'alveo e trasformando il ponte in una vera e propria diga; le inondazioni divennero sempre più frequenti e disastrose.
Per questo motivo a fine Ottocento si decise di costruire nuovi argini più alti, e nel farlo si riscoprirono le strutture originali romane del ponte, miracolosamente conservate sotto le aggiunte medievali e moderne.
Invece di restaurare e conservare l'unico ponte romano rimasto intatto nella città di Roma, il Ministero dei Lavori pubblici decise di demolirlo per abbreviare i tempi e non pagare penali per il ritardo dei lavori.
Nel farlo si scoprì che l'alveo naturale del fiume era stato modificato dai Romani creando una serie di banchine artificiali che avevano una ben precisa funzione.
La parte centrale dell'alveo, sotto i tre archi maggiori, era più profonda, per avere un flusso d'acqua costante anche nei periodi di magra, evitando che ristagnasse e diventasse una fogna maleodorante. Poi c'erano altre due banchine artificiali più alte, sotto gli archi delle rampe. L'acqua le raggiungeva solo in occasione di grandi piene o di vere e proprie alluvioni.
Rodolfo Lanciani invano cercò di impedire la demolizione dell'unico ponte romano rimasto intatto in città. Alla fine dei lavori giustamente scrisse che se i presuntuosi ingegneri moderni si fossero degnati di studiare la sagomatura romana dell'alveo avrebbero potuto lasciare intatti gli archi originali, limitandosi a riaprirli e risparmiando spese inutili.
I Romani avevano appreso l'arte idraulica dagli Etruschi e ne erano maestri come dimostra anche la costruzione dei loro grandiosi acquedotti.
Grazie a introvabili documenti d'archivio e preziose fotografie delle demolizioni potete scoprire in dettaglio con quale sapienza era stato progettato e costruito il ponte nel libro di Marina De Franceschini «Castel Sant’Angelo. Mausoleo di Adriano. Architettura e Luce». Presto anche in lingua inglese.
Riferimento bibliografico: «Castel Sant’Angelo. Mausoleo di Adriano. Architettura e Luce» figura a p. 29 e capitolo 4: "Descrizione del ponte Elio".