I luoghi prescelti rispecchiavano i gusti e le preferenze degli imperatori che le costruirono. Qualcuno preferiva il mare, come Tiberio che ebbe una villa a Sperlonga e ben dodici ville a Capri; oppure Domiziano, che ne costruì una nei pressi del Circeo, l’attuale Sabaudia.
Altri imperatori scelsero località di campagna, con paesaggi spettacolari e cascate: Nerone a Subiaco, Domiziano a Castelgandolfo, Traiano ad Arcinazzo e naturalmente Adriano a Tivoli.
Augusto diede inizio a questa consuetudine, che naturalmente aveva precedenti anche in epoca repubblicana. Le ville non erano le «seconde case» di oggi, ma grandiose sedi di rappresentanza dove gli imperatori ricevevano ospiti importanti, li abbagliavano con la ricchezza e raffinatezza delle loro dimore che era una delle tante manifestazioni del loro potere e di quello di Roma.
Augusto scelse un luogo non lontano da Roma, Prima Porta, dove era la villa detta Ad Gallinas Albas (Villa delle galline bianche), appartenuta a sua moglie Livia Drusilla; lì fu rinvenuta la sua celebre statua in marmo bianco, alta più di due metri, che raffigura Augusto con una magnifica corazza, detta «Augusto di Prima Porta».
La Villa di Livia aveva un eccezionale triclinio sotterraneo con splendidi affreschi che raffigurano un giardino. Furono scoperti nell’Ottocento, sopravvissero ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale; nel 1951 furono staccati e portati nel Museo Nazionale Romano. Oggi sono stati rimontati in un’apposita sala del Museo di Palazzo Massimo alle Terme, sempre a Roma.
(Nella foto qui sotto in bianco e nero gli affreschi com'erano in sito prima del distacco)
Il Triclinio era una grande sala sotterranea rettangolare, di 12 x 6 metri (cioè 40 x 20 piedi romani), coperta da una volta a botte ribassata. Sui lati brevi aveva due lunette da cui entrava la luce; essendo sotterranea era molto fresca d’estate e riparata d’inverno.
La scelta di costruire una sala interrata fu dovuta anche a ragioni strutturali: in epoca augustea si temeva che le pareti non potessero sostenere il peso e le spinte di una volta in opera cementizia di quelle dimensioni. Quindi si preferì costruire un ambiente interrato, in modo che il terrapieno tutto intorno ai muri servisse da contrafforte.
Naturalmente era necessario proteggere la sala ed i suoi affreschi dall’umidità. Fu creata un’intercapedine isolante usando le cosiddette tegulae mammatae, grandi laterizi con quattro piedini sporgenti (simili a mammelle, da cui il nome), che isolavano l’intonaco della parete dal muro perimetrale e dal terrapieno.
Essendo sotterraneo, il triclinio poteva simulare una grotta, e infatti nella parte alta degli affreschi sono dipinte delle finte stalattiti (foto in alto). Quella grotta ‘virtuale’ si apriva su un panorama altrettanto ‘virtuale’: meravigliosi affreschi che raffigurano un giardino, una delle più antiche attestazioni di pittura di quel genere, che sarà molto diffusa anche a Pompei.
In primo piano si vede un graticcio in legno, sullo sfondo una transenna di canne intrecciate, e poi vi sono infinite varietà di piante ornamentali, pini ed abeti; piante da frutto come aranci e limoni; fiori ed uccelli, tutti dipinti con straordinario realismo.
Questi ed altri affreschi hanno ispirato la ricostruzione del giardino romano nella Villa Getty di Malibu, che è una replica della Villa dei Papiri di Ercolano.