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VILLA ADRIANA di MARINA DE FRANCESCHINI

SALA DEI FILOSOFI



La cosiddetta Sala dei Filosofi in realtà era la Sala del Trono

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30 - SALA DEI FILOSOFI
Descrizione
L’ingresso principale si apriva verso nord con due colonne sull’area antistante; vi si accedeva dal lato ovest con due scale che vi salivano dall’estremità meridionale del doppio portico del Pecile.
Sul lato est si apre un breve corridoio che arriva ad una grande porta e la collega col Teatro Marittimo.  

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Sala dei Filosofi

La Sala dei Filosofi deve il suo nome alla presenza di sette nicchie nell’abside, tante quante i Sette Sapienti. Nel Cinquecento Pirro Ligorio la chiamò “Tempio degli Stoici“, descrivendo la decorazione di cui trovò traccia durante i suoi scavi: era in alabastro e marmo, soprattutto il porfido rosso, la pietra imperiale per eccellenza  per via del suo color porpora. (Venne adoperata per i sarcofagi degli imperatori come Nerone e Adriano, di Costanza ed Elena, e per le statue dei Tetrarchi con Diocleziano).
Le pareti erano completamente rivestite di marmi, ma restano solo i fori per le grappe; il pavimento è interrato, ma è probabile che sulla malta siano rimaste le impronte dell’opus sectile descritto da Ligorio.

Destinazione d’uso
Tradizionalmente si pensa che la Sala dei Filosofi fosse una Biblioteca, e le sette nicchie fossero armadi per libri e manoscritti. La loro altezza di m. 1,60 da terra smentisce tale ipotesi perché sarebbero state scomode e di difficile accesso; nelle nicchie si vedono le impronte delle lastre di marmo nella malta, e nessun segno di scaffalature.

Le sette nicchie erano ovviamente destinate ad ospitare grandi statue, forse quelle rinvenute dai Michilli nelle vicine Cento Camerelle. 
La grandiosità dell’edificio e sua preziosa decorazione indicano che apparteneva ai quartieri nobili della Villa, e poteva essere una Sala del Trono, per le udienze ufficiali dell’imperatore che poteva sedere in posizione dominante al centro dell’abside.

VEDI: Marina De Franceschini, Villa Adriana. Mosaici, pavimenti, edifici. Roma 1991, pp. 199-201 e 487-491.



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