CASTEL SANT’ANGELO - MAUSOLEO DI ADRIANO.
Le tre vite di un monumento straordinario: Mausoleo, poi Castello e infine Museo
Terza parte
Nelle pagine precedenti abbiamo seguito la storia di due delle tre vite di Castel Sant'Angelo. La prima quando era ancora il Mausoleo di Adriano, la nuova tomba dinastica degli imperatori iniziata da Adriano e inaugurata da Antonino Pio nel 139 d.C., che purtroppo ben presto venne depredata dei suoi marmi più preziosi.
La seconda vita vide la sua trasformazione in fortezza inespugnabile, il Castel Sant'Angelo, che resistette agli assedi dei barbari e dei Lanzichenecchi. E nello stesso periodo, proprio perché spesso i papi vi si rifugiavano, venne trasformato in sontuosa residenza papale, con appartamenti sempre più grandi decorati alcuni dei più grandi artisti del Rinascimento e del Barocco.
La terza vita vide ancora una volta un periodo di ulteriore decadenza e distruzione che ebbe inizio nel Settecento e terminò con una nuova rinascita, quando il Castello fu trasformato in Museo.
Il Ponte Elio subì le peggiori devastazioni. A metà Settecento era sul punto di crollare perché alcuni suoi archi erano stati chiusi trasformandolo in una vera e propria diga, che provocava continue esondazioni e la potenza dell'acqua ne aveva minato la stabilità.
Nel 1886-1887 per risolvere il problema delle alluvioni furono costruiti i nuovi argini del Lungotevere e in quell'occasione furono demoliti il porto di Ripetta e il palazzo Altoviti e molti altri edifici situati lungo il corso del fiume.
Durante i lavori vennero in luce le rampe d'accesso originali romane del ponte, persino il basolato ed i marciapiedi. Furono demoliti senza pietà per accelerare l'andamento dei lavori, ignorando i disperati appelli degli archeologi come Lanciani.
Il Castello-fortezza non ebbe sorte migliore. Divenne un deposito militare, con polveriere, armerie, fonderie per i cannoni, silos per il grano, un ospedale e tre cappelle, con una guarnigione di cinquecento soldati.
Durante l'occupazione napoleonica del 1798 papa Pio VI Braschi (1775-1799) si rifugiò nel Castello come al solito, grazie al Passetto. Quando dovette arrendersi, i francesi si vendicarono dipingendo la statua bronzea dell’Arcangelo Michele coi tre colori nazionali francesi e le misero un berretto frigio rosso.

Quello fu solo l'inizio. Dopo i francesi arrivarono i Borboni, che fecero ancor peggio: si impossessarono del Castello, lo depredarono portando via munizioni, arredi e persino le porte, le finestre e i tubi di piombo. Poi lo restituirono a papa Pio VII (1800-1823) in condizioni pietose.
Fortunatamente nel 1822 si decise di restaurarlo, e i lavori vennero affidati a Luigi Bavari, un maggiore del Genio Pontificio appassionato di architettura antica, che fece rinascere il Castello a nuova vita per la terza volta.
Infatti si fece calare nel cosiddetto «Trabocchetto», la botola che si apriva prima della Sala sepolcrale trasformata in casamatta, e con le sue scoperte cambiò radicalmente le conoscenze che si avevano del Mausoleo romano.
Infatti riscoprì l'ingresso principale originale del Mausoleo, cioè il Vestibolo inferiore e la Rampa elicoidale, che erano stati murati e chiusi nel Medioevo perché erano un accesso indifendibile.
Vestibolo e Rampa furono liberati dai detriti, avvalendosi del lavoro forzato dei galeotti che rimossero migliaia di metri cubi di materiale. Dodicimila carrette di terra usata... per colmare i bastioni del forte, e altre seimila per fare i viali del Pincio e Piazza del Popolo che veniva costruita in quel periodo.
Dopo la Breccia di Porta Pia del 1870, il Castello passò al Regno d’Italia e fu trasformato in carcere. La costruzione dei nuovi argini del lungotevere anche qui ebbe risultati devastanti: bisognava rialzare il livello stradale di tre metri, quindi la porta d’ingresso l'ingresso originale appena riscoperta venne nuovamente murata e oggi vi si scende con una scala di metallo.
Con grande passione Mariano Borgatti si occupò del restauro del Castello, ed i suoi scritti sono tuttora una fonte preziosa di informazioni. Il suo contributo fu determinante per trasformarlo in Museo, che inizialmente era il Museo del Genio Militare, poi divenne Museo Nazionale Militare e d’Arte, aprendo anche all'arte che è uno dei suoi aspetti più importanti.
Durante le due Guerre mondiali il Castello servì da rifugio per la popolazione e come deposito per importantissimi tesori d’arte, come i quattro cavalli bronzei della Basilica di San Marco a Venezia.
Oggi Il Museo Nazionale Castel Sant'Angelo è uno dei musei più interessanti di Roma, perché crocevia della storia e dell'arte. Ha un nuovo itinerario di visita e soprattutto un magnifico Antiquarium che racconta la lunghissima storia del Castello, con una serie di modellini che illustrano le varie fasi costruttive, splendidi frammenti della decorazione marmorea, e molto altro ancora.
Le varie tappe della terza vita del Mausoleo-Castello e delle sua trasformazione da carcere a Museo sono raccontate in dettaglio nel nostro libro «Castel Sant’Angelo. Mausoleo di Adriano. Architettura e Luce». Una storia a lieto fine.
Il libro è in vendita nel Bookshop del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, anche in lingua Inglese.